martedì 21 aprile 2009

Il Pescatore


Entriamo subito nel vivo della discussione con questa famosissima canzone di De Andrè che, nella sua forma, apparentemente semplice e vivace, pone all'ascoltatore attento delle questioni aperte e, probabilmente, irrisolte.
Innanzitutto sono innumerevoli le analogie tra il pescatore e la figura di Cristo. Versi come ad esempio "versò il vino e spezzò il pane/per chi diceva ho sete, ho fame" fanno un riferimento esplicito al sacramento dell'eucarestia, ma è comunque tutta la storia ad essere strutturata quasi fosse una parabola evangelica. A queste osservazioni si può aggiungere che quella del pescatore è in sè un'immagine che appartiene alla simbologia dei vangeli, "Seguitemi, vi farò pescatori di uomini" (Mc. 1,18,19) è una frase che ha un'eco piuttosto familiare. Questo, però, non esclude che De Andrè intenda suggerire un messaggio che va al di là della morale cristiana, in forza del quale il genere umano ha nelle azioni da esso compiute il trampolino di lancio verso una salvezza, che prescinde da qualsiasi fede.
Molto controversa, e forse ancora più interessante, è la domanda che sovente ci si pone in merito all'esito della vicenda.
"Aveva un solco lungo il viso/come una specie di sorriso". E' la mera descrizione di un vecchio lupo di mare o, invece, si tratta di una ferita mortale che l'assassino ha inflitto al pescatore dopo aver ottenuto ciò di cui aveva bisogno?
Le due tesi hanno entrambe degli elementi forti su cui è possibile far leva.
Alcuni sostengono, infatti, che il silenzio del pescatore dinnanzi ai gendarmi che "chiesero al vecchio se lì vicino/fosse passato un assassino" sia un gesto di complicità nei confronti di una persona disperata, che fugge da una giustizia terrena troppo spesso forte con i deboli e debole con i forti. Il rifiuto di collaborare con la legge nasce da un istinto di solidarietà nei confronti del proprio fratello, e questa visione di De Andrè emerge prepotentemente anche nel testamento di Tito, nei versi "Non dire falsa testimonianza/e aiutali a uccidere un uomo./Lo sanno a memoria il diritto divino/e scordano sempre il perdono./Ho spergiurato su Dio e sul mio onore/e no, non ne provo dolore".
Altri ritengono, invece, che il pescatore venga ritrovato cadavere dai gendarmi e vi sono molteplici indizi che supportano questa tesi:
1)Il pescatore non dice di non aver visto passare nessuno, ma rimane in silenzio.
2) Spingendo ancora più in là l'analogia tra il pescatore e Cristo, si direbbe che come Gesù "diede la vita ed ebbe in cambio una croce", così anche il pescatore abbia pagato con la vita il suo atto di amore verso il prossimo.
3)L'assassino, inseguito dai gendarmi, non può correre il rischio che il pescatore parli e quindi lo uccide.
4) La qualificazione del personaggio come "assassino" è evidentemente voluta. L'uomo che incontra il pescatore non è nè un ladruncolo, nè un truffatore, ma è un assassino e, in quanto tale, è capace di uccidere.
Nessuna delle due letture è comunque in grado di sciogliere l'enigma in maniera sicura.
Da parte mia ritengo che questa ambiguità non sia casuale, ma abbia un significato preciso. Nella canzone esiste un comportamento chiaro e indiscutibile: il pescatore aiuta l'assassino, perchè l'uomo aiuta il proprio simile senza curarsi del casellario giudiziale, del colore della pelle, della religione o altro. E, soprattutto, senza curarsi delle conseguenze della propria azione. Per De Andrè il comportamento successivo dell'assassino è irrilevante, perchè l'attenzione del pubblico deve essere concentrata per intero sull'umanità del pescatore, un'umanità che se condivisa da tutti, nessuno escluso, ci regalerebbe un mondo nuovo, che non avrebbe bisogno di gendarmi perchè privo del rifiuto dell'umanità che appartiene all'assassino.

ADL




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